QUANDO SI VOLEVA STARE VICINI

QUANDO SI VOLEVA STARE VICINI

Api tra le celle del loro alveare


Indubbiamente c’è stato un tempo in cui si voleva stare vicini ed io ho la sensazione che fosse un tempo migliore di questo, migliore si, non mi viene in mente altro termine, non certo per gli agi ne per i confort ma certamente per i rapporti, per il senso di comunità. Più spazio c’era per costruire meno se ne consumava, le case si poggiavano le une alle altre, le une sulle altre in un reciproco interesse a stare in contatto, un contatto che rendeva possibile uno scambio, quasi un’osmosi. Non è difficile immaginare come fosse facile per suoni, opinioni e idee diffondersi, circolare. Connessioni che nel bene e nel male tenevano insieme persone e persone, case e case, case e persone come radici forti e vitali che davano frutti se non abbondanti almeno genuini. Se povertà c’era non era certo povertà d’animo.

Oggi che lo spazio disponibile è certamente minore, le nostre case si sono ingrandite ed allontanate, anche se spesso ancora sovrapposte in assurde pile altissime le connessioni tra di esse si sono affievolite, abbiamo posto barriere tecnologicamente infallibili ai suoni annullando un’osmosi che forse andrebbe riscoperta. Ci siamo isolati all’interno delle nostre stesse comunità ignorando chi sia il nostro vicino ma perfettamente informati su chi sia stato ad assassinare quello di qualcun altro. La Televisione e Internet hanno generato nuove connessioni possibili finche c’è corrente elettrica e quindi fragilissime. Che frutti possono dare queste radici in fibra ottica?. Abbiamo la percezione di un agio maggiore, di minor povertà ma non è affatto cosi.

La Cronaca di tutti i giorni riporta fatti tristissimi di solitudini infinite. L’omicidio del giorno è sempre accompagnato dallo sgomento della dirimpettaia incredula e a raccontarcelo è sempre un “giornalista” collegato in diretta televisiva notturna dall’ingresso di un Tribunale ovviamente chiuso a quell’ora, da un deficiente insomma che cerca di fornirci un’informazione di cui sinceramente sarebbe meglio fare a meno.

Dalle mie parti un tempo la collettività si reggeva su connessioni e spazi fisici, non virtuali, quello che oggi è il Web allora era il “Curtigghiu” ovvero il vicolo, microcosmo di vite e storie certamente ristretto ma più funzionale alla vita di tutti i giorni di quanto non sia Internet oggi; si parlava dentro al “Curtigghiu”, ci si schierava e spesso si condannava sommariamente, ci si informava e si cercava di capirsi, si “curtigghiava” appunto. “Curtigghiare” oggi tra la nostra evoluta cittadinanza ha un’accezione esclusivamente negativa, ovviamente non del tutto infondata ma intrisa di un’odiosa ipocrisia.


L’immagine di oggi è stata scatta a Modica e ben rappresenta quanto fosse funzionale quel modello di vita in comune, finestre e balconi si toccano e comunicano tra loro, sembra quasi possibile potersi spostare da una casa all’altra senza fatica come fanno le api tra le celle del loro alveare.


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© Fotografia e Testi di proprietà di Salvatore Gulino

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