Ordine e Disordine

ordine disordine

ORDINE ↔ DISORDINE

o viceversa


Va scelto un punto di osservazione, sempre, e da lì va lanciato lo sguardo.

E’ questo che determina la percezione che abbiamo dell’ambiente intorno a noi e di conseguenza quanto ed in che modo il contesto riesca a condizionarci. Basta poco, un passo a destra o uno poco più indietro a rivoluzionare la scena. Ciò che in un caso ci dava certezza nell’altro improvvisamente ci opprime, quello che prima ci offriva un’appiglio sicuro  all’improvviso crea una vertigine, una guida affidabile diviene d’un tratto instabile, un contesto rassicurante muta in un insistente caos. Eppure non abbiamo spostato null’altro che noi stessi; il mare, il cielo e tutto il resto erano e resteranno a lungo al proprio posto ancora per moltissimo tempo.

L’ordine si fa dunque disordine o viceversa. Tutto ciò che ci circonda si dispone intorno a noi in funzione del nostro punto di vista, della selezione che facciamo degli elementi a disposizione e della collocazione che diamo loro nello spazio. Ad ogni punto di interesse corrisponderà una possibile direzione del nostro sguardo, infinite saranno le variazioni possibili, tranne che in alcune specifiche circostanze. 

 

IL RITRATTO


Quando si guarda negli occhi altrui, ad esempio, non abbiamo alcuna scelta.

La direzione dello sguardo non può che essere una, perché unici non possono che essere il punto di osservazione e quello osservato, due punti ed  una sola retta possibile. Guardandosi si subisce ed allo stesso tempo si attacca. Gli appigli, le vertigini e le guide, le rassicurazioni, il caos, tutto si mescola e transita attraversando quel collegamento effimero ed allo stesso tempo immutabile.

In un continuo rimbalzo si incontrano e si scontrano l’ordine dell’uno ed il disordine dell’altro (o viceversa) e tanto più si resiste senza abbassare le palpebre, tanto più si resta impigliati in una raffinatissima trama sempre più fitta e complessa. Guardarsi negli occhi è per tutto ciò un’esperienza assoluta. Possiamo ancora spostarci, certo, ma non potendo escludere l’altro saremo solo in grado di allontanarci o di avvicinarci, di allungare quella retta fino a rischiare di perdere il contatto o di ridurla al punto da trasformarla in un bacio.

immaginAzione


La fotografia continua a confermarmi di essere maestra di vita. Non avevo mai messo a confronto, all’interno di una sola immaginazione due scatti. In genere ne scelgo uno e su quello lascio andare i miei pensieri. Questa volta non è stato semplice, entrambi mi provocavano pensieri contrastanti, ognuno mi spingeva a scrivere. Il tempo, ancora una volta mi indotto a scegliere, il tempo dello scatto intendo.

Le due immagini sono state scattate nello stesso momento, nel medesimo posto e rappresentano gli stessi elementi ma nonostante ciò recano messaggi opposti. Affiancarle ed analizzare le dinamiche che le hanno generate mi è servito a realizzare quanto sia labile la percezione che abbiamo del mondo. Se scattando una fotografia la si può reinventare con un insignificante gesto, con un movimento minimo, in una frazione di tempo brevissimo allora anche tutto il resto è soggetto potenzialmente a questa legge.

Cosi come la composizione di un’immagine è dovuta a infinite e consapevoli scelte cosi la costruzione dell’ambiente in cui viviamo non prescinde dalla nostra volontà, anzi da essa è costantemente influenzata.

Subire un contesto, pessimo o vantaggioso che sia, escludendo la possibilità di poter sempre intervenire somiglia a voler scattare un’immagine ad occhi chiusi dopo aver fatto svariati giri su se stessi. Cosi si spiega, di riflesso, come fare a comporre immagini simili a quelle che ho proposto, entrambe frutto di una scelta consapevole, entrambe sensate come sensato può essere perfino il caos per chi lo sceglie consapevolmente.

Ma in queste due immagini non ci sono occhi, qui chi compie scelte è solo il fotografo, qui tutto dipende da noi.

Altra cosa dunque sarà un ritratto. Altra cosa sono i sentimenti.


Donnalucata (Scicli), Spiaggia – anno 2019


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