La scheggia di uno specchio infranto

La scheggia di uno specchio infranto


Sullo specchio appeso al muro si riflettono gli eventi, tra i loro inizi e le loro fini. Lo attraversano come le foglie cadute dai rami scorrono sulla superfice del fiume, velocemente se il fiume è in piena, piano se è in secca. Comunque scivolano su quella superficie, nulla infatti vi si riflette in eterno. L‘apparenza delle cose, la loro immagine, per un certo tempo anziché disperdersi viene intercettata. Quel flusso tra principio e fine, pur senza interrompersi, sembra lasciare una traccia ma così non è.

L‘istante successivo ha già preso il posto del precedente che si è perso per sempre. Solo la nostra memoria può registrare gli eventi e trattenerli, non lo specchio. Fermare quel flusso è impossibile, vorrebbe dire poter fermare il tempo.

Ma di tempo e apparenza è fatta la Fotografia.

L‘istante da afferrare è li su quella superfice argentea, l’unica cosa da fare per averlo è colpire lo specchio ed infrangerlo. Infilare la mano tra le rapide del fiume ed afferrare quella tra mille foglie che ci interessa di più, salvandola dalla piena. A questo somiglia lo scatto fotografico, lo “shoot – sparo” che come quello di un’arma da fuoco interrompe il tempo della vita che colpisce. Immaginiamo che colpendo lo specchio il suo potere cessi, che dunque ogni frammento anziché riflettere intrappoli la molteplice rappresentazione della medesima scena.

Raccogliendo da terra uno di quei frammenti avremo in tasca solo una parte della storia, ne l’inizio ne la fine, che saremo costretti a ricordare – se li abbiamo visti e persi  – o immaginare se li ignoriamo del tutto. Dello specchio “appeso” in piazza Duomo a Ragusa Ibla ed infranto da un mio click ho raccolto da terra, bagnata, la scheggia che preferivo. L‘immagine di un uomo in un luogo, di un attore sulla scena, di una storia sconosciuta da inventare.

immaginAzione


Rubarne un frammento, copiare l’apparenza di un evento è possibile grazie alla Fotografia. John Berger in “Capire una fotografia” teorizza così il senso delle immagini impresse sui vari supporti grazie alla macchina fotografica. Estrarre un istante da un evento, come una perla da una lunga collana, presuppone che quello scelto sia stato preceduto da un altro e subito seguito da un altro ancora.

Un’immagine “riuscita” è la raffigurazione di un istante di cui si possono immaginare un passato ed un futuro, tanto più ampia sarà la sua capacità immaginifica tanto più avrà valore e forza. “Capire una fotografia” di John Berger è un testo illuminante su questa arte che chiunque voglia dirsi fotografo deve aver necessariamente letto.


immaginAzioni photoblog

© Fotografia e Testi di proprietà di Salvatore Gulino

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento